IL TRIBUNALE

    Ha  pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile iscritta
al n. 1682 del ruolo generale degli affari contenziosi dell'anno 2003
vertente tra Lucisano Elisa, rappresentata e difesa dall'avv. Michele
Salazar, attrice;
    Contro  Scagliola  Francesco,  rappresentato  e  difesa dall'avv.
Giuseppe  Trunfio  del  foro  di Palmi, convenuto, e nei confronti di
rappresentati  e difesi dall'avv. Giuseppe Trunfio del foro di Palmi,
chiamati in causa.
    Con atto di citazione notificato il 21 maggio 2003 la prof. Elisa
Lucisano  ved. Scagliola iniziava la presente causa nei confronti del
prof.  Francesco Scagliola e premesso che in data 21 gennaio 1998 era
deceduto in Reggio Calabria, senza testamento, il prof. avv. Domenico
Scagliola, coniuge dell'istante; che alla successione legittima dello
stesso  erano stati chiamati, nella misura di 2/3 la medesima istante
e  nella  misura  di  1/3,  quindi  di  1/6  ciascuno, la madre ed il
fratello  del de cuius, rispettivamente signora Concetta De Stefano e
prof.  Francesco  Scagliola;  che  il patrimonio era quello descritto
nello  stesso  atto  di  citazione  e  risultante  dalla  denunzia di
successione;  che  in  data  6  febbraio 2000 era venuta a mancare la
signora Concetta De Stefano ed alla stessa erano succeduti, sempre ab
intestato,  in  parti uguali, il figlio premorto, prof. avv. Domenico
Scagliola,  e  l'altro  figlio  prof.  Francesco  Scagliola;  che  il
patrimonio  della signora De Stefano era costituito dalla quota di un
sesto  dei  beni  immobili  ricevuti  in  eredita'  dal  figlio prof.
Domenico  Scagliola,  che  i  beni  immobili  caduti  in  entrambe le
successioni  erano  rimasti  in  comunione  incidentale tra gli eredi
(l'istante  ed  il  prof.  Francesco  Scagliola)  -  chiedeva  che  -
dichiarata  l'apertura della successione del prof. Domenico Scagliola
e  statuito  che eredi di questo sono il coniuge superstite, prof.ssa
Elisa  Lucisano,  per 2/3, la madre, signora Concetta De Stefano, per
1/6,  ed  il  fratello,  prof.  Francesco Scagliola, per 1/6, nonche'
dichiarata  aperta la successione della signora Concetta De Stefano e
statuito  che  eredi  di  questa  sono,  in  parti  uguali, il figlio
premorto  prof.  Domenico Scagliola ed il prof. Francesco Scagliola -
il  Tribunale  volesse  disporre  lo scioglimento della comunione con
assegnazione  in  natura  dei beni indicati in citazione alla istante
per  la  quota  e  nella misura ad essa spettante: 2/3 + 1/2 di 1/6 e
quindi  3/4  dell'intero  e  volesse statuire che ogni altro bene e/o
credito  e/o  somma andavano divisi secondo la suddetta percentuale e
ordinare  -  se  necessario  - alla parte convenuta il rendiconto ove
fosse sorta contestazione; con vittoria di spese ed onorari.
    Il  convenuto,  costituendosi  in giudizio, resisteva, eccependo,
tra  l'altro,  in  via  preliminare,  che  nessun diritto successorio
spettava  all'istante -in assenza di figli nati durante il matrimonio
- a seguito della morte della suocera sig.ra Concetta De Stefano, non
operando   nel  caso  di  specie  l'istituto  della  rappresentazione
invocato da controparte, poiche' la parte attrice non rientrava tra i
soggetti  che,  in  base  all'art. 468  c.c.,  possono subentrare per
rappresentazione.  Il  convenuto,  prof. Francesco Scagliola, faceva,
peraltro,  presente  di  avere  rinunciato  all'eredita' della madre,
signora  Concetta  De  Stefano,  nella  quale  erano  subentrati  per
rappresentazione  i  propri  figli,  Scagliola  Antonino  e Scagliola
Maurizio, che avevano presentato la relativa denuncia di successione.
In  conclusione,  il convenuto non si opponeva ed, anzi, aderiva alla
domanda   di   scioglimento   della  comunione  incidentale  proposta
dall'attrice  in relazione ai beni caduti nella successione del prof.
avv.  Domenico  Scagliola,  da  dividersi nelle quote di 2/3 a favore
dell'attrice  e  di  1/3  a  favore  del  convenuto  «considerata  la
successiva  morte  della  sig.ra  De  Stefano  Concetta».  Lo  stesso
convenuto  proponeva altresi' domanda riconvenzionale di scioglimento
della comunione - oltre che sui beni immobili indicati in citazione -
sulla somma di lire 900.000.000, pari ad euro 464.811,20, che giaceva
presso la CARICAL oggi CARIME S.p.a. alla data della morte del marito
dell'attrice  e  che  era  stata  da  questa  incassata per l'intero;
nonche'  domanda  di rendiconto in relazione a tutti i beni mobili ed
immobili  da  dividersi  tra  le  parti e domanda di restituzione e/o
consegna  dei  beni mobili ed immobili che appartenevano alla defunta
De  Stefano  Concetta  ed erano stati devoluti per successione in via
esclusiva al convenuto esponente; con vittoria di spese e competenze.
    Alla  prima  udienza di comparizione il g.i. ordinava all'attrice
di integrare il contraddittorio nei confronti di Scagliola Antonino e
Scagliola  Maurizio,  che  avevano accettato l'eredita' di De Stefano
Concetta,  nella  quale erano succeduti per rappresentazione del loro
padre rinunziante, prof. Francesco Scagliola.
    Espletato   tempestivamente  dall'attrice  l'adempimento  di  cui
sopra,   si  costituivano  in  giudizio  anche  Scagliola  Antonio  e
Scagliola   Maurizio  e  svolgevano  eccezioni,  deduzioni  e  difese
sostanzialmente  analoghe  a  quelle gia' svolte dal padre, convenuto
originario,   Scagliola   Francesco,   formulando   tuttavia  domanda
riconvenzionale  diretta  ad ottenere dall'attrice la consegna e/o la
restituzione  di  tutti  i  beni  mobili od immobili o porzione degli
stessi  che  appartenevano  alla defunta sig.ra De Stefano Concetta e
che  erano stati devoluti per successione agli esponenti chiamati per
integrazione del contraddittorio.
    Concessi  i  termini  di  cui all'art. 180 c.p.c., all'udienza di
trattazione,  sentiti  il  convenuto  prof. Francesco Scagliola ed il
dott.  Maurizio Scagliola e constatata l'impossibilita' di conciliare
la  controversia,  il g.i., su richiesta dei procuratori delle parti,
concedeva   i   termini   per   il   deposito  di  memorie  ai  sensi
dell'art. 183, ult. comma, c.p.c.
    Depositate dalle parti dette memorie, all'udienza del 17 novembre
2004,  ritenuta  preliminare  la decisione sul diritto dell'attrice a
succedere   nell'eredita'  della  signora  De  Stefano  Concetta  per
rappresentazione  del  coniuge  premorto, il g.i. invitava le parti a
precisare  le conclusioni e la causa veniva rimessa in decisione, con
concessione  del  termine di giorni venti per il deposito di comparse
conclusionali, avendo entrambi i procuratori costituiti rinunciato al
termine per repliche.
    Con  la  comparsa conclusionale depositata il 1° dicembre 2004 la
parte  attrice  sollevava  questione  di  legittimita' costituzionale
degli artt. 467 e 468 cod. civ. «nella parte in cui non prevedono che
in assenza di discendenti dei figli la rappresentazione si estenda al
coniuge  del  soggetto  che  non ha potuto accettare perche' premorto
rispetto al de cuius di cui sarebbe stato erede».
    La  questione  e'  rilevante  e non manifestamente infondata gia'
cosi'   come   sollevata   dalla   parte,   pur  se  si  ritiene,  in
principalita',  di  riformularne  d'ufficio  i  termini  ed i motivi,
secondo quanto appresso.
    Ritenuto  che  nella  controversia  de  qua  venga in discussione
l'applicazione  delle norme di cui agli artt. 467 e 468 cod. civ. con
riferimento  alla  successione  ab intestato della sig.ra Concetta De
Stefano, dato che il figlio di questa, prof. avv. Domenico Scagliola,
e' premorto alla madre;
        che   l'applicazione   delle   norme   predette  nell'attuale
formulazione  comporta l'esclusione in capo all'attrice, sig.ra Elisa
Lucisano  ved.  Scagliola.  della  qualita'  di  erede della suocera,
sig.ra Concetta De Stefano, per rappresentazione del proprio coniuge,
prof.  avv.  Domenico Scagliola (cfr. nel senso che l'indicazione dei
soggetti  a  favore dei quali ha luogo la rappresentazione, contenuta
negli  artt. 467  e 468 cod. civ., e' tassativa, gia' Cass. 28 aprile
1962  n. 836,  Cass.  11  aprile  1975  n. 1366, Cass. 6 ottobre 1976
n. 3300, nonche' Cass. 30 maggio 1990 n. 5077);
        che   l'allargamento   della   sfera  di  operativita'  della
rappresentazione  fino  a comprendere tra i soggetti «rappresentanti»
anche  il  coniuge  «dei  figli  legittimi,  legittimati ed adottivi,
nonche'  ... dei figli naturali del defunto», quanto meno nel caso in
cui  questi non possano accettare l'eredita', comporterebbe invece la
delazione indiretta dell'attrice, Lucisano Elisa ved. Scagliola, e la
sua  vocazione  diretta all'eredita' della suocera, sig.ra De Stefano
Concetta   (cfr.   per  la  distinzione  tra  vocazione  e  delazione
nell'istituto della rappresentazione, nonche' per la natura giuridica
di  questo,  Cass.  29  marzo  1994 n. 3051, che supera la concezione
della rappresentazione come vocazione indiretta, su cui cfr. Cass. Il
aprile 1975 n. 1366);
        che  e',  quindi,  rilevante  la  questione  di  legittimita'
costituzionale  degli artt. 467 e 468 cod. civ., cosi' come sollevata
dall'attrice,   nella   parte   in   cui   non   prevedono   che   la
rappresentazione si estenda al coniuge del soggetto che non ha potuto
accettare,  non  ritenendosi  tuttavia  corretta,  per le ragioni che
seguono,  la  limitazione  della  questione  al  caso  di «assenza di
discendenti  dei  figli» (cosi' come richiesto dalla parte attrice) e
dovendo  percio'  prospettarsi  questo  limite soltanto in subordine,
comportando  esso  comunque la rilevanza della questione (dal momento
che  il  soggetto  che  dovrebbe  essere  «rappresentato», prof. avv.
Domenico  Scagliola, e' deceduto senza lasciare discendenti legittimi
o naturali).
    Ritenuto  che, superata la tesi della presunzione di volonta' del
de cuius da parte del legislatore, secondo la dottrina dominante dopo
l'entrata  in  vigore  del  codice  del  1942,  il fondamento sociale
dell'istituto  della  rappresentazione  sarebbe  da individuare nella
protezione della famiglia legittima, piu' specificamente della stirpe
legittima  del  de  cuius,  al  fine  di  realizzare  la  continuita'
familiare dell'eredita';
        che,  peraltro,  la  Corte costituzionale, con la sentenza 14
aprile  1969 n. 79, ha affermato che «quali che siano il fondamento e
la  natura  della  rappresentazione  in  concreto  questa  tutela gli
interessi  della  famiglia (legittima) del mancato erede o legatario,
impedendo che i beni le siano tolti solo perche' il genitore non puo'
e non vuole accettarli»;
        che, inoltre, con la legge di riforma del diritto di famiglia
la  delazione  per  rappresentazione  si  ha  anche al di fuori della
famiglia  legittima  ed  in  concorso  con  essa,  dal momento che, a
seguito  della  sostituzione  dell'art. 467  cod.  civ.  attuata  con
l'art. 171  della legge 19 maggio 1975 n. 151, la rappresentazione e'
prevista  in  favore  del figlio naturale (riconosciuto o dichiarato)
anche nel caso di concorso di figli (e discendenti) legittimi;
        che,  pertanto,  la  ratio  dell'istituto  non  si  puo' piu'
rinvenire  nella tutela della famiglia legittima, bensi' nella tutela
dei discendenti (legittimi o naturali) del mancato successore, vale a
dire del rappresentato;
    Ritentuto  altresi'  che  l'ampiezza  soggettiva  della deroga ai
principi  generali  sull'ordine  dei  successibili  che risulta dagli
artt. 467   e  468  cod.  civ.  rientra  nella  discrezionalita'  del
legislatore  e  non  e'  sindacabile  fintantoche'  la  diversita' di
trattamento,  per  quanto  concerne  il  diritto di rappresentazione,
riguardi  soggetti  che  non  si  trovino  nella  medesima situazione
giuridica  o  che  non  «siano  in  astratto per ragioni extra o meta
giuridiche  meritevoli dello stesso trattamento» (cosi' testualmente,
Corte  cost.  sent.  n. 83/1976;  ma  cfr.  anche  Corte  cost. sent.
n. 259/1993);
        che,  anche  in  considerazione del fatto che l'art. 42 Cost.
«non  legittima  l'arbitrio  del  legislatore  ordinario, ma contiene
soltanto  una  riserva  di legge» (cosi' Corte cost. sent. n. 79/1969
cit.),  si  puo'  porre  un  problema di violazione dell'art. 3 della
Costituzione  ogniqualvolta  la  situazione di colui/coloro di cui si
lamenta  la  non  inclusione  tra  i  possibili  «rappresentanti»  ex
artt. 467  e  468  cod. civ. sia identica od equipollente a quella di
coloro che vi sono, invece, inclusi;
        che,  dopo  la  legge  di riforma del diritto di famiglia, la
posizione successoria del coniuge e' radicalmente mutata, dato che il
nuovo  testo  dell'art. 540 cod. civ. fa di esso un erede necessario,
addirittura   «privilegiato»   (come  rilevato  da  una  parte  della
dottrina),  piuttosto  che un semplice legatario e che il nuovo testo
dell'art. 581  cod.  civ. riconosce al coniuge superstite, in sede di
successione  legittima, qualora concorra all'eredita' con i figli del
de cuius la qualita' di erede, piuttosto che di legatario ex lege;
        che   la   posizione   preminente  del  coniuge  nel  sistema
successorio  si evidenzia anche nel nuovo testo degli artt. 536 e 565
cod.  civ.,  laddove  e'  nominato  al  primo  posto  nell'elenco dei
legittimari e dei successibili ab intestato;
        che,  pur se e' vero che la posizione successoria del coniuge
non  e'  del  tutto  equiparata  a quella dei figli (in quanto le sue
prerogative nei confronti della famiglia di origine del de cuius sono
meno  forti,  poiche'  il  coniuge  concorre  con  gli ascendenti e i
fratelli  e  le  sorelle,  mentre  i  figli  prevalgono su ogni altro
successibile), e' innegabile che sia ad essa equipollente (cosi' come
e'  innegabile  che  si siano modificati a favore del coniuge anche i
criteri  di  regolamentazione  del  concorso  con  gli ascendenti e i
fratelli e le sorelle del de cuius);
        che,  a prescindere da giudizi di valore sul favore accordato
dal legislatore della riforma al coniuge superstite (che, ovviamente,
esulano  dai  limiti  del presente provvedimento), e' evidente che il
nuovo  regime  ha vieppiu' assimilato la posizione di questi a quella
dei  figli,  legittimi e (per effetto della stessa riforma) naturali,
del de cuius;
        che,  in  tale contesto, non appare ragionevole la disparita'
di  trattamento del coniuge del rappresentato ex artt. 467 e 468 cod.
civ. sol che si consideri che - una volta che si ritenga che la ratio
dell'istituto della rappresentazione si sia progressivamente spostata
dalla  tutela  della  famiglia  del defunto alla tutela di quella del
mancato  successore  (cosi'  Cass.  n. 3051/1994  cit.) - rispetto ai
rapporti  successori con quest'ultimo, vale a dire col rappresentato,
il coniuge e' equiparato ai figli, legittimi e naturali;
        che,  comunque,  anche  a  voler  considerare il rapporto tra
«rappresentante»  e  de cuius, la posizione del coniuge del figlio di
questi,   pur  non  essendo  del  tutto  identica,  non  e'  talmente
disomogenea   rispetto   a   quella   dei  discendenti  dello  stesso
«rappresentato»  nei confronti del defunto, da rendere ragionevole la
totale  esclusione  della rappresentazione: infatti, per un verso, il
codice  individua tra i predetti un vincolo di affinita', laddove tra
figlio  naturale e genitore (o fratello/sorella) del proprio genitore
non  vi  e',  di norma, alcun rapporto di parentela; per altro verso,
pur  non escludendo del tutto la successione di ascendenti e fratelli
e sorelle, l'esistenza di un coniuge superstite comporta comunque una
forte  limitazione dei diritti successori di costoro anche in caso di
mancanza  di  figli  (cfr. artt. 544 cod. civ., cosi' come modificato
dall'art. 180  della  legge n. 15 1/1975, e 582 cod. civ., cosi' come
modificato dall'art. 190 della legge n. 151/1975);
        che,  d'altronde,  se  lo  scopo di conservare la continuita'
familiare  dell'eredita',  garantendo  il  trapasso  dei patrimoni di
padre  in  figlio, e' venuto meno, in generale, con la riabilitazione
della  figura  successoria del coniuge, non si rinvengono ragionevoli
motivi,  anche  di  ordine  sociale,  per  i  quali  debba rimanere a
fondamento dell'istituto della rappresentazione;
        che  l'irragionevolezza  di cui si e' detto sopra permarrebbe
anche  nel  caso  in  cui la rappresentazione operasse, escludendo il
coniuge,  in  favore  dei  discendenti dei figli del defunto, proprio
perche',  alla  stregua delle medesime considerazioni, non troverebbe
razionale  giustificazione la loro tutela «privilegiata» nei rapporti
col coniuge del rappresentato;
        che,  comunque,  pure  ove si ritenesse di fare prevalere, in
assoluto,  le  ragioni  dei discendenti su quelle deI coniuge, non si
giustificherebbe  la sua esclusione dal novero dei rappresentanti, in
mancanza  di  altri soggetti capaci di succedere per rappresentazione
ad  un  determinato rappresentato, si' da escludere, come nel caso di
specie, la divisione per stirpi;
        che  pertanto e' non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale  degli  artt. 467  e  468 cod. civ., per
contrasto  con l'art. 3, primo comma, della Costituzione, nella parte
in  cui  non prevedono la capacita' di rappresentazione in favore del
coniuge del soggetto che non abbia potuto accettare l'eredita' od, in
subordine,   nella  parte  in  cui  non  prevedono  la  capacita'  di
rappresentazione  in  favore  del  coniuge del soggetto che non abbia
potuto  accettare  l'eredita',  in  assenza  di discendenti dei figli
legittimi, legittimati ed adottivi, nonche' naturali del defunto.